Teatrino Sintetico Futuribile
un progetto di
Marco Bianciardi, Andrea Fagioli, Ugo Giulio Lurini, Lorenzo Marzocchi
per
laLut - Centro di Ricerca e Produzione Teatrale
in sinergia con
La Corte dei miracoli, Centro di arti e culture contemporanee
La futuristica fede in una civiltà dominata dalle macchine torna attuale in un momento in cui ci chiediamo con apprensione se le macchine potranno aiutarci a tenere in vita in modo artificiale il teatro fino alla fase x+1. Fino ad allora, solo un teatro sintetico di nome e di fatto sarà possibile, perché eventualmente sopportabile, con le modalità di fruizione previste dai DPCM, e compatibilmente con l’imprevedibilità di problemi tecnici relativi alla connessione internet che non mancheranno di ostacolare la realizzazione di un progetto che del teatro vuole assolutamente rispettare la specificità di evento irripetibile nel “qui e ora”, ricordandoci ogni sera quanto il teatro debba appena possibile tornare in carne e ossa a teatro se non vuole decadere a brutto cinema. Come da sempre facciamo, anche in questa nuova fase abbiamo messo al centro del nostro lavoro la persona, l’attore, il musicista. Il progetto Teatrino Sintetico Futuribile (titolo della prima rassegna realizzata, ma anche nome della macchina creata, sul cui sviluppo ora dobbiamo concentrare la nostra attenzione) mescola vecchio e nuovo, artigianato e tecnologia: smartphone montati su macchinine radiocomandate, o su marionette manovrate dall’alto, o manovrati con stick da selfie, che si muovono sulla scena (una scatola di cm. 70 x 45 x 40), sul cui schermo sono visibili le facce degli attori che da casa recitano in diretta video-chiamando il proprio avatar sul palco. Nella platea di questo teatro in miniatura sta “seduto” un altro pupazzo testadismartphone che riprende il teatrino e trasmette le immagini al computer di regia, che a sua volta trasmette la diretta su youtube.
Perché il teatro futurista?
Prima corrente artistica affascinata dalla civiltà delle macchine, nel loro slancio di accelerazione di tutti gli aspetti della vita i futuristi hanno concepito un teatro fatto di opere fulminee, che in pochi minuti dicono tutto quel che c’è da dire, molto adatte alla rappresentazione a distanza, minata, oltre che dal contrastare per principio con l’essenza partecipativa e interattiva del teatro, dall’instabilità delle reti e dalla bassa soglia di attenzione del pubblico verso i contenuti multimediali in rete.
Presentazione critica di Mario Costa
Professore emerito di Estetica dell’Università di Salerno tra le massime autorità, riconosciute sul piano internazionale, per l’estetica dei nuovi media e delle neotecnologie.
Nel 1983, con l'"estetica della comunicazione" richiedevo che la sperimentazione artistica tematizzasse, anche drammaturgicamente, il nuovo spazio-tempo dischiuso dalle nuove tecnologie e le nuove forme di presenza che esse rendevano possibili. Anni dopo, nel 1990, e più specificamente, richiedevo che il teatro reagisse al “tempo morto della tecnologia (quello del cinema), introducendo il tempo vivo dell’accadimento tecnologico”, e attivando “quel presente continuo alla cui instaurazione antropologica tende tutta la tecnologia”.
Dei tentativi non mancarono. Ad esempio, nel 2001 Golan Levin, un giovane artista americano, realizzò, all’ Ars Electronica di Linz, Dialtones: A Telesymphony, un concerto fatto dagli squilli, attentamente coreografati, dei telefoni cellulari del pubblico: grazie ad un sistema informatizzato, ad interfacce di vario tipo ed agli squilli programmati dei telefoni portatili del pubblico che arrivavano in tempo reale, Dialtones metteva in scena uno straordinario evento acustico e drammaturgico.
Questo Teatrino Sintetico Futuribile si muove ora in questo stesso ambito sperimentale. Il richiamo al futurismo è del tutto pertinente, non tanto per il folklore rumorista che ancora esso trattiene, ma perché le aspirazioni e la meta inconsce del futurismo erano proprio eventi di questo tipo, che solo oggi però la tecnologia rende possibili.
La visione di questa sorta di pièce per smartphone risulta immediatamente piacevole e sembra richiedere un atteggiamento fruitivo ingenuamente infantile, come se si trattasse di una rappresentazione per bambini. Ma attenzione. Dal punto di vista concettuale essa risulta estremamente complessa, non solo perché fa vacillare e ridefinisce le nozioni di teatralità, di attore, di pubblico… ma perché attiva e dà a vedere quella nuova fenomenologia dello spazio-tempo e quel diversificarsi e dissolversi della presenza che caratterizzano il nuovo ambiente tecno-antropologico nel quale stiamo, inconsciamente, vivendo.
Mario Costa
Settembre 2021